Proseguendo sulla linea tracciata dall’intervista con il triestino Massimiliano D’Ambrosi, candidato al Consiglio nazionale alle prossime votazioni, continuiamo a raccontare le elezioni in arrivo per la Federazione Italiana Canottaggio con l’intervista dedicata ad uno dei candidati alla presidenza: Davide Tizzano, che correrà per prendere il posto dell'attuale numero uno Giuseppe Abbagnale.
Come mai hai scelto di candidarti come presidente FIC? È stato per via di qualche problema che ha notato e che vorrebbe cambiare?
Premessa utile: ho iniziato a frequentare la Federazione Italiana Canottaggio come atleta a livello nazionale nel 1982, all’età di 14 anni. Ho maturato varie esperienze, sia a livello sportivo che dirigenziale. Da dirigente ho iniziato con 12 anni di comitato regionale, dal 2000 al 2012. Successivamente, nel quadriennio 2012-2016 sono stato vicepresidente nazionale, proseguendo come consigliere nazionale dal 2016 al 2020. Negli ultimi 4 anni mi sono dedicato all’area internazionale, tant'è che attualmente sono presidente internazionale della Confederazione dei Giochi del Mediterraneo che racchiude 26 paesi. Per quanto riguarda la mia candidatura, tutto nasce da una serie di richieste che mi sono pervenute da decine di amici, di società, piccole e grandi, che lamentavano una certa difficoltà a portare avanti le attività, dal loro punto di vista. Al centro della Federazione non c'era attenzione per i piccoli club. Mi sono subito interfacciato con i consiglieri in carica per capire l’entità della situazione e mi è stato presentato un quadro particolarmente complesso. Con la mente più da manager che da dirigente, avendo lavorato con il CONI ed il centro sportivo di Formia, mi sono sempre occupato di numeri quindi mi sono fatto dare quelli della Federcanottaggio: il bilancio, i tesserati e i praticanti. A livello di budget, in 4 anni ci sono 32 milioni a disposizione e non sono pochi. Lato tesserati la situazione è drastica: nel giro di 8 anni siamo scesi da 56.000 a 18.000, ed è chiara la presenza del Covid di mezzo ma altri sport non hanno subito la stessa caduta. Nei professionisti il numero è in decrescita costante circa del 10% e non sembra volersi fermare. Questo mi ha convito ad intervenire perché secondo me si può fare di meglio.
E quali sarebbero queste modifiche che migliorerebbero la situazione?
Innanzitutto migliorando la comunicazione e di conseguenza l’appeal del progetto: a Trieste ci sono società con oltre 140 anni, deve essere raccontata quest’esperienza e competenza sul territorio. Migliorando da questo punto di vista non solo sarebbero attratti più genitori per i loro figli ma anche gli sponsor che sicuramente darebbero una mano. Bisogna anche evitare il grande abbandono che c’è con la crescita d’età degli atleti, un esempio il Festival dei Giovani che sta continuando a perdere ragazzi, cosa che nasce anche dall’antiquato messaggio di “enorme fatica nello sport”. È chiaro che per diventare professionisti sia necessario impegno ed abnegazione ma non tutti vogliono questo, si può mantenere un’idea di divertimento legata allo sport. Un altro lavoro va fatto sui materiali per le società, banalmente pensando alle barche: i costi sono alti ed il timore di consegnare ad un ragazzo inesperto una barca dall’alto valore è comprensibile per delle società costrette ad indebitarsi per permettersi certi materiali. Per concludere, riformulerei il lavoro con le università: c’è bisogno di stringere un rapporto più unito e proficuo che porti giovani ad arrivare a noi anche grazie alle università.
Quali sono le idee, le aspettative, le volontà per raggiungere le prossime Olimpiadi e Paralimpiadi di Los Angeles?
Voglio lavorare su tre fattori per far tornare al centro l’atleta: il primo rappresenta la questione allenamenti ed alimentazione, che devono diventare dedicati all’atleta singolo e non a degli standard validi per tutti; c’è la necessità di istituire un “Club Olimpico” della FIC, ovvero quel metodo di retribuzione attraverso i risultati sportivi dell’Olimpiade precedente, facendolo anche per il Mondiali, per aiutare i nostri atleti a continuare su alti livelli; infine, e questa forse è stata la lamentela più presente, voglio assolutamente eliminare il conflitto d’interesse che si presenta al momento delle selezioni per le gare. I dirigenti della Federazione dovranno essere esterni a qualunque società per poter giudicare gli atleti in maniera professionale.