Dopo 16 anni da consigliere della Fipav locale, Martin Maver ha salutato il comitato non ricandidasi ad alcuna carica.
Come mai questa scelta?
C’era di mezzo l’annosa questione del terzo mandato, ma forse non avrei fatto una scelta diversa in ogni caso, anche se una qualche idea di propormi in altre vesti c’era stata. Io sono in primis un allenatore, e candidarmi a un ruolo (presidente, ndr) che mi avrebbe bloccato sul fronte tecnico è stata un’opzione che ho scartato anche per motivi vocazionali. In ogni caso 16 anni sono tanti, e ho ritenuto giusto ci fosse un turnover, magari con persone più fresche per affrontare problematiche a volte anche ripetitive.
Risultati ottenuti e su cui ancora lavorare?
Se penso agli ultimi quattro anni, visto il Covid, siamo stati tra i comitati più attivi, e, se non pilota, sicuramente all’avanguardia sapendo sfruttare le nuove tecnologie in modo molto ampio con diverse iniziative sul fronte della comunicazione che sono state anche esempio e sprone per i nostri affiliati. Siamo stati una testa di ponte piantando dei semi che hanno fatto crescere una cultura più innovativa e al passo con i tempi nelle singole società, che sono le prime responsabili della propria attività. Un'altra cosa della quale sono personalmente fiero è l’autocompilazione dei dati di gara del camp3 a portale. Un tecnicismo credo apprezzato da tanti tecnici e dirigenti, e istituito anche nei tornei regionali grazie alla mia testardaggine e alla complicità di segretarie volenterose. Come controaltare abbiamo una rappresentativa che partecipa a una manifestazione one-day, quando si potrebbe ampliare lo sguardo, e magari rivolgerlo oltre confine per creare qualcosa di più interessante. Si potrebbe ripristinare il premio Fair-Play, e lavorare per una più organica collaborazione tra i comitati.
Nello specifico?
Lavorare all’unisono, cosa sicuramente non facile. Nei giovanili, per esempio, il fatto che continuino il percorso solo le prime quattro classificate territoriali e le altre smettano di giocare già a febbraio è qualcosa che frena l’attività agonistica e l’entusiasmo dei singoli. Un’idea potrebbe essere di fare dei Campionati Elite regionali, quantomeno nel femminile. Nel maschile, essendoci meno squadre, un’altra idea sarebbe il fare raggruppamenti territoriali brevi, ma con la possibilità di partecipare successivamente a un torneo regionale dove rimettersi in gioco. Giusto qualificare i migliori, ma non bisogna penalizzare i peggio classificati lasciandoli fermi da febbraio in poi, altrimenti il rischio è che qualcuno possa pensare a iscriversi a un campionato Uisp, dove non qualifico... ma almeno gioco.