Lasciamo per un momento da parte la cronaca nera, quella che ahinoi ha decisamente messo in ombra l’ennesima vittoria della Pallacanestro Trieste in questo fantastico inizio di stagione. Perché le “gesta eroiche” di un manipolo di sfigati e frustrati (sì, li chiameremo così, e poco importa se i diretti interessati si sentiranno offesi da questi appellativi), protagonisti dei tafferugli fuori dal PalaTrieste domenica sera, non possono e non devono oscurare ciò che la formazione di Jamion Christian sta facendo sul parquet. E di “gioielli della corona” da esporre ce ne sono indubbiamente tanti, in casa biancorossa.
È sempre difficile fare confronti tra squadre di epoche diverse, così come lasciarsi andare a prematuri giudizi con un intero campionato ancora da giocare (perché il rischio di risvegliarsi di colpo, in mezzo a tanti sogni ad occhi aperti, è sempre dietro l’angolo). Ma è doveroso e altrettanto logico lustrarsi gli occhi per l’attuale secondo posto in classifica, figlio di una condotta eccellente di squadra in cui ci sono tanti protagonisti diversi ma dove al tempo stesso è la forza e la chimica del collettivo a fare indubbiamente la differenza. E allora prendiamoci giusto un attimo per fantasticare e delineare a chiare tinte come quello attuale, per quanto fatto vedere sino ad adesso, sia – con buona approssimazione – il team più spettacolare visto all’opera nella recente storia biancorossa, in una realtà come Trieste che ha ritrovato quel gradevole gusto di essere una delle piazze di maggior riferimento del basket italiano.
Meglio della Coop Nordest di Cesare Pancotto e dei vari Maric, Erdmann, Washington e Mazique? Più spettacolare dell’Alma di Wright, Dragic e Mosley? I paragoni si sprecano in questi giorni tra i tifosi, con la difficoltà di trovare una risposta univoca che vada bene a tutti. Ma è altrettanto vero che era da tanto, tanto tempo che non si vedeva una qualità tale di basket giocato in questa città. Il cammino è ancora molto lungo e di insidie ce ne saranno parecchie da affrontare, anche perché nessuno considererà Trieste più come una semplice matricola, tuttavia godiamoci un pochino di questo momento d’oro. Sottolineando che, dopo la non facilmente ripetibile “era Stefanel”, a queste latitudini era difficile divertirsi così. E questo, con tutti gli opportuni scongiuri del caso. E se son rose…