La prima occasione è andata. Sembrava tutto già incredibilmente apparecchiato per la festa, ma al party del lunedì sera è Cantù a strappare la corona di reginetta in un PalaTrieste stracarico di entusiasmo prima e durante la partita, così come di tanto amaro in bocca alla fine. Nel 74-75 con cui l’Acqua S.Bernardo – con orgoglio e anche con parecchio merito – si “regala” la sopravvivenza nella serie, ci sono tante partite in una. A iniziare da quell’avvio di gara in cui Trieste è una macchina da guerra da lontano, ma che col 6 su 9 da tre in dieci minuti (e il 20 pari alla prima sirena) non basta a dare la spallata che serviva all’inerzia del match. E così Cantù, che a metà partita perde anche Moraschini per il grave infortunio al ginocchio (in bocca al lupo sincero per la guarigione) ha visto la speranza materializzarsi davanti agli occhi: due strappi brianzoli, che anch’essi come quello giuliano in precedenza non sono sufficienti, sono poi stati il preludio a quell’infuocato ultimo spicchio di gara dove i biancorossi sono stati a un passo dal fare festa. Tutto invece da rifare, perché l’avversaria che si ha di fronte è ferita ma per niente morta e, pur con rotazioni ancora più limitate, dà l’impressione di poter ancora rendere la vita difficile a Trieste.
Il poco utilizzo del tiro in pitturato, con soli 14 tentativi in area, a fronte di quei 30 tiri totali da tre entrati per il 43% delle volte: come la formazione di Christian sia rimasta in partita nonostante tutto, passa proprio da queste statistiche. Perché se da una parte Cantù è sempre stata brava a riempire gli spazi sotto le plance e a mettere l’intensità giusta in difesa, dall’altra le 18 palle perse biancorosse (di cui 10 nella prima metà di gara) spostano inevitabilmente il focus sui “pasticci” offensivi dei giuliani, che hanno vissuto parecchio (troppo) sulle iniziative dei singoli per prendere realmente in mano il ritmo del match. C’è stato Ferrero a mettere una pezza con quei sette punti consecutivi nel primo tentativo di fuga ospite, ci sono stati poi Filloy e soprattutto Reyes a mettere una pezza nel recupero di ultimo quarto. Ma alla fine della fiera è mancata la lucidità e la cattiveria giusta nei momenti che contava, all’opposto di quanto era accaduto nelle prime due sfide della serie. E, con 13 rimbalzi in attacco concessi agli avversari, una delle chiavi negative della poca efficienza biancorossa sotto le plance passa anche da questa statistica.
Ora però conta non abbattersi: c’è una seconda occasione per regalarsi il sogno, quella di mercoledì sera alle 21 sempre in casa. Certo, dovrà essere una Pallacanestro Trieste diversa da quella degli ultimi 40 minuti, per la prima volta in questi playoff messa sotto scacco da un’avversaria che ha orgoglio e talento da vendere (e Hickey ha nuovamente dimostrato di essere uomo di regalare esaurimenti nervosi non da poco ai diretti marcatori…). L’obiettivo finale rimane ancora a un passo, ciò che conta è tenere i nervi saldi e approfittare ancora della “bomboniera” di Valmaura, nel recente passato mai così rimbombante di tifo e di calore. Positività, dunque: questa Trieste ne ha saputa regalare tanta in post-season, vietato dunque affidarsi ai brutti pensieri proprio ora.