Si dice che per “vendere” bisogna enfatizzare la notizia, ebbene signori, in questo caso proprio non è necessario. 4.414 km con dislivello di 31.082 metri, in condizione di autosufficienza e senza nessun genere di supporto logistico o altro. Solo davanti a una incredibile avventura che porterà Fabio Moro, il nostro protagonista a raggiungere Capo Nord, partendo da Torino, in bicicletta.
Triestino, 56 anni con una passione per le due ruote e per la fatica. Allora Fabio, cosa spinge un uomo a misurarsi con una sfida di questo genere?
Ho saputo che un altro triestino ha fatto questa gara, Marco Sega. La cosa mi aveva stuzzicato e quando ho visto che si arriva a Capo Nord, ho iniziato a fantasticare... così è iniziato tutto.
Come si prepara una gara del genere?
Non è facile, anche perché ho una certa età e quindi qualche acciacco da gestire c'è. In ogni caso, ho iniziato la preparazione un anno fa, curando sia l'aspetto del rafforzamento muscolare, con una particolare attenzione alla schiena, che l'aspetto puramente di resistenza alla fatica, allenandomi costantemente sulla bici e fissando dei “lunghi” nei weekend, mediamente dai 150 ai 200 km con la bici zavorrata, poiché un conto è pedalare solamente con la bici, cosa diversa è affrontare le salite con 20 kg in più.
Quale è stata la tappa più difficile da affrontare?
Sicuramente i primi due giorni. Ripensando al passo del Gran San Bernardo (bici da 20 kg, 34 km di salita al 9% di media) è stata veramente dura. Una delle fatiche più grandi mai affrontate.
Cosa si intende quando si parla di “autosufficienza e no supporto”?
Significa che nessuno ti darà una mano, devi arrangiarti per dormire, mangiare, lavarti e per qualsiasi altra necessità tu possa avere durante il tragitto. Sei tu, le tue gambe, la tua testa e la tua bicicletta. Come bagaglio avevo un sacco a pelo, un piccolo autogonfiabile e il cambio da alternare, la tenda no... troppo peso.
Quindi ti è capitato di dormire all'aperto?
Ero preparato per farlo ma fortunatamente non è stato mai necessario. Non sai mai quando è il momento giusto di fermarsi. Magari erano le sette di sera, trovi un capanno e pensi... mi fermo qui o vado avanti ancora un'oretta rischiando però di non trovare di meglio? In ogni caso, sono riuscito sempre a trovare una sistemazione, a volte di fortuna, a volte più comoda.
Quante ore pedalavi al giorno?
Sveglia alle sei, partenza alle sette e poi pedalavo una decina di ore effettive, più naturalmente le pause per mangiare. In Europa centrale non ci sono stati grossi problemi, bene o male, un posto dove mangiare qualcosa lo trovavo sempre ma da Oslo in poi, le cose sono cambiate completamente. Ci sono poche città e distanti tra loro, quindi a volte non è stato facile. Mi sono dovuto accontentare anche solo degli squeeze per bambini che ho trovato in un negozio.
Il meteo come è stato?
Eh, nei primi dieci giorni ho preso nove di pioggia e non posso nascondere che sentirsi sempre umido non agevola la fatica e mentalmente mi ha provato parecchio.
Hai mai pensato di mollare?
La verità? Sì! A Oslo crisi totale, mi sentivo solo, stanco soprattutto di testa, perché incredibilmente il fisico reggeva ma lì ho detto “basta, basta, non ce la faccio più”, speravo addirittura si rompesse la bici, almeno avrei avuto la scusa per ritirarmi. Cosa mi ha spinto a proseguire? Io tutte le sere sul cellulare, avevo 100/150 messaggi di incoraggiamento e anche qualcuno, dei miei amici più intimi, che diciamo... mi ha detto le parole giuste. Da lì in poi è cambiato tutto anche per un altro motivo importante: ho incontrato altre due persone, non scelte ma capitate, Linda Ceola di Padova e Daniele Mezzapesa di Torino. Con loro ho condiviso la seconda parte di questa cavalcata e ora posso dire che siamo diventati fratelli. Sono stati fondamentali per me, e penso io per loro. Verso la fine anche con Andrea Mariucci, triestino pure lui, assessore al comune di Muggia.
Raccontaci l'arrivo a Capo Nord.
Brividi. L'ultimo posto dove dormire prima di Capo Nord era a Honningsvåg, circa 30 km prima dell'arrivo, dove si fermano anche le navi da crociera. Erano circa le 20, il programma era di dormire e la mattina dopo fare una passerella degli ultimi trenta km ma (e qui
gli oggi di Fabio diventano lucidi, n.d.r.) Linda guarda a me e a Daniele e ci dice “andiamo su... andiamo”.
Oltre a te stesso hai qualcuno da ringraziare dopo questa avventura?
Sicuramente mia moglie Daniela, senza il suo supporto e i suoi incoraggiamenti tutto questo non sarebbe mai successo.
Chi sta scrivendo queste righe ha colto in pieno le emozioni di questo viaggio di fatica, amicizia e introspezione. Grande Fabio! E forse questo non è che un preludio a un nuovo inizio.